Non riporto mai articoli di altri (odio il copia/incolla), ma stavolta
faccio un'eccezione, riportando le parole di un amico "di scienza",
Agostino Grassi. È esattamente quel che penso anch'io, ma proviene
dall'altezza di un sapere che ancora non mi appartiene e che mi affanno
per conquistare.
"Ascoltavo, seduto in riva al mare, al sole per rimpinguare la mia dose giornaliera di vitamina D che scarseggia sempre di più negli alimenti di frequente consumo, una conversazione tra delle gradevoli signore dalle fattezze molto “femminili”. I loro discorsi si riferivano a quelle tanto odiate rotondità femminili che si evidenziano soprattutto a livello dei fianchi e delle cosce e che tanto invece hanno ispirato l’arte fino alla senza dubbio decadente cultura dell’ultimo cinquantennio.
Ho avuto modo in passato, in queste pagine, di parlare di quel grasso che si distribuisce sottocute e che è maggiormente presente nel sesso femminile, ragion per cui una terminologia più romantica che scientifica definiva questo modello di corpo “ginoide” (forse vi è più familiare dire un corpo a pera). Questo grasso si sviluppa prevalentemente durante la pubertà e cresce più nella donna che nell’uomo. Questo perché gli estrogeni stimolano la replicazione delle cellule del grasso sottocutaneo e gli stessi estrogeni poi continuano a stimolare l’accrescimento di queste cellule grasse. È un tipo di grasso metabolicamente molto stabile, cioè non risponde a tutti quegli stimoli ormonali che invece inducono nell’adopicita (la cellula del grasso) lipolisi: ed infatti difficilmente i grassi che sono contenute nel tessuto sottocutaneo si “sciolgono”. Nei libri di medicina si legge che è un tessuto resistente alla lipolisi. Questo grasso è molto sensibile agli estrogeni (immaginate tutte quelle donne che usano gli estro-progestinici, la pillola) e ad un altro ormone che si chiama prolattina e che durante la gravidanza fa crescere un po’ questi depositi di grasso intorno alle cosce (più precisamente la regione si chiama gluteo femorale oppure la regione trocanterica) in modo da conservare un po’ di energia utile poi durante l’allattamento per la mammella che deve “fabbricare” il latte per il neonato. Probabilmente questo tessuto adiposo si è evoluto nella storia dell’umanità in modo da permettere alla donna di poter far nascere un figlio e nutrirlo anche se la natura in quel momento non era prodiga di alimenti. Pensate alle donne dei paesi più poveri al mondo dove la fame è una emergenza drammatica, proprio in virtù di questi cuscinetti di grasso possono avere figli e far sopravvivere la loro stirpe. Un recente studio ha anche dimostrato che questo tessuto da un punto di vista metabolico si comporta come una estrema barriera all’aumento dei livelli dei grassi circolanti dopo un pasto. È come se nelle donne ci fosse un organo che li protegge quando mangiano molti grassi: appena questi grassi arrivano nel sangue, il grasso delle cosce li assorbe e non li fa arrivare al cuore. Questo vi spiega perché le donne della generazione precedente alla nostra, prima della menopausa non avevano quasi mai l’infarto, che invece colpiva più frequentemente gli uomini.
Quando sopra ho detto che questo grasso è metabolicamente stabile, significa che mentre il grasso che si accumula nell’addome se mangiamo un po’ meno immediatamente si “scioglie”, quello delle cosce no. Possiamo fare i sacrifici più duri ma i risultati sono scarsi. Ed era proprio questa la preoccupazione delle signore sulla spiaggia: parlavano di tutte le diete alle quali si erano sottoposte senza risultati apprezzabili. Una di loro, che aveva detto di essere un medico, alla fine ha sbottato: “…..tutto è inutile, ci vuole la liposuzione!”.
Questa frase mi è rimbombata nella memoria tanto da spingere la mia curiosità a cercare attraverso uno di quei motori di ricerca scientifici, che si chiama PubMed, una risposta. Ho scritto la parola chiave “Suction Lipectomy” ed ecco ciò che la scienza sa.
Ricercatori dell’università del Colorado hanno selezionato un gruppo di donne di età compresa tra i 32 ed i 36 anni, di peso normale, cioè con un BMI intorno a 24 (vi ricordo che il BMI è normale tra 20 e 25 e si calcola dividendo il peso in chilogrammi per il quadrato dell’altezza espresso in metri) che avevano deciso di sottoporsi alla liposuzione. È sottinteso che erano afflitti da quelle localizzazioni del grasso intorno ai fianchi e alle cosce tanto graditi invece al Botticelli, e che definiscono quei tratti della femminilità che rendono unico il corpo di ogni donna.
Dopo l’intervento di liposuzione, le circonferenze di quelle regioni del corpo trattate erano diminuite e misurando il grasso totale del corpo era affettivamente diminuito rispetto a prima dell’intervento. Per forza, il chirurgo aveva aspirato un po’ di grasso. Tra sei settimane ed un anno dall’intervento di liposuzione ecco la sorpresa: il grasso si riforma nella regione addominale. Poco importa direte voi, l’importante è averlo tolto dalle cosce. Chi sa se il cuore la pensa allo stesso modo, visto che il grasso addominale aumenta il rischio delle malattie metaboliche. Dimenticavo di dirvi che queste donne hanno continuato lo stesso stile di vita e di alimentazione che avevano prima dell’intervento, e quindi non sono ingrassate perché hanno mangiato di più: è stato l’organismo che avendo visto ridursi la propria riserva di energia, la ha ricreata in un altro posto. Ma le sorprese non sono finite. Dopo un anno, piano piano anche lì sulle cosce e sui fianchi si è riformato.
Il nostro organismo memorizza la quantità di grasso che ha, che per lui è una riserva energetica. Quando questa massa di grasso diminuisce, per effetto di un dimagrimento o come in questo caso per effetto dell’opera di un chirurgo, si attivano una serie di stimoli e di segnali neuro-ormonali che promuovono un ritorno del grasso al livello originale. Questo lo si sapeva quando la perdita del grasso era per effetto di un dimagrimento dopo una dieta ipocalorica: la perdita di peso crea un contesto per il riacquisto del peso attraverso un aumento dell’appetito, dell’assunzione di cibo e un cambiamento della sensibilità insulinica. Lo studio dei ricercatori del Colorado dimostra che, attraverso meccanismi fisiologici non definiti, l’organismo sembra aver ripristinato lo squilibrio indotto chirurgicamente tra il grasso totale del nostro corpo e la massa magra.
Spero che la signora che ha detto quella frase sulla spiaggia che ha stimolato la mia curiosità, non abbia fatto come me: per lei può essere consolatorio pensare al chirurgo."
Per chi vuole approfondire: Teri L. Lindstrom, John M. Kittelson, Christopher K. Law, Lawrence L. Ketch, Nicole R. Stob, Rachel C. Lindstrom, Ann Scherzinger, Elizabeth R. Stamm and Robert H. Eckel – Fat Redistribution Following Suction Lipectomy: Defense of Body Fat and Patterns of Restoration – Obesity (2011) 19, 1388-1395. Doi: 10. 1038/oby.2011.64
Agostino Grassi è nutrizionista, cultore ed esperto delle abitudini alimentari dei paesi del mediterraneo. Ha studiato a Napoli e poi a Bari dove era nell'unità operativa di ricerca e studio sulle dislipidemia e nella ricerca in geriatria sullo studio dei centenari. Vive ad Ostuni e svolge attività di ricerca al Policlinico di Abano Terme (col quale collabora) sopratutto sulla termogenesi e nell'attività di prevenzione cardiometabolica, nutrigenomica ed Aging
"Ascoltavo, seduto in riva al mare, al sole per rimpinguare la mia dose giornaliera di vitamina D che scarseggia sempre di più negli alimenti di frequente consumo, una conversazione tra delle gradevoli signore dalle fattezze molto “femminili”. I loro discorsi si riferivano a quelle tanto odiate rotondità femminili che si evidenziano soprattutto a livello dei fianchi e delle cosce e che tanto invece hanno ispirato l’arte fino alla senza dubbio decadente cultura dell’ultimo cinquantennio.
Ho avuto modo in passato, in queste pagine, di parlare di quel grasso che si distribuisce sottocute e che è maggiormente presente nel sesso femminile, ragion per cui una terminologia più romantica che scientifica definiva questo modello di corpo “ginoide” (forse vi è più familiare dire un corpo a pera). Questo grasso si sviluppa prevalentemente durante la pubertà e cresce più nella donna che nell’uomo. Questo perché gli estrogeni stimolano la replicazione delle cellule del grasso sottocutaneo e gli stessi estrogeni poi continuano a stimolare l’accrescimento di queste cellule grasse. È un tipo di grasso metabolicamente molto stabile, cioè non risponde a tutti quegli stimoli ormonali che invece inducono nell’adopicita (la cellula del grasso) lipolisi: ed infatti difficilmente i grassi che sono contenute nel tessuto sottocutaneo si “sciolgono”. Nei libri di medicina si legge che è un tessuto resistente alla lipolisi. Questo grasso è molto sensibile agli estrogeni (immaginate tutte quelle donne che usano gli estro-progestinici, la pillola) e ad un altro ormone che si chiama prolattina e che durante la gravidanza fa crescere un po’ questi depositi di grasso intorno alle cosce (più precisamente la regione si chiama gluteo femorale oppure la regione trocanterica) in modo da conservare un po’ di energia utile poi durante l’allattamento per la mammella che deve “fabbricare” il latte per il neonato. Probabilmente questo tessuto adiposo si è evoluto nella storia dell’umanità in modo da permettere alla donna di poter far nascere un figlio e nutrirlo anche se la natura in quel momento non era prodiga di alimenti. Pensate alle donne dei paesi più poveri al mondo dove la fame è una emergenza drammatica, proprio in virtù di questi cuscinetti di grasso possono avere figli e far sopravvivere la loro stirpe. Un recente studio ha anche dimostrato che questo tessuto da un punto di vista metabolico si comporta come una estrema barriera all’aumento dei livelli dei grassi circolanti dopo un pasto. È come se nelle donne ci fosse un organo che li protegge quando mangiano molti grassi: appena questi grassi arrivano nel sangue, il grasso delle cosce li assorbe e non li fa arrivare al cuore. Questo vi spiega perché le donne della generazione precedente alla nostra, prima della menopausa non avevano quasi mai l’infarto, che invece colpiva più frequentemente gli uomini.
Quando sopra ho detto che questo grasso è metabolicamente stabile, significa che mentre il grasso che si accumula nell’addome se mangiamo un po’ meno immediatamente si “scioglie”, quello delle cosce no. Possiamo fare i sacrifici più duri ma i risultati sono scarsi. Ed era proprio questa la preoccupazione delle signore sulla spiaggia: parlavano di tutte le diete alle quali si erano sottoposte senza risultati apprezzabili. Una di loro, che aveva detto di essere un medico, alla fine ha sbottato: “…..tutto è inutile, ci vuole la liposuzione!”.
Questa frase mi è rimbombata nella memoria tanto da spingere la mia curiosità a cercare attraverso uno di quei motori di ricerca scientifici, che si chiama PubMed, una risposta. Ho scritto la parola chiave “Suction Lipectomy” ed ecco ciò che la scienza sa.
Ricercatori dell’università del Colorado hanno selezionato un gruppo di donne di età compresa tra i 32 ed i 36 anni, di peso normale, cioè con un BMI intorno a 24 (vi ricordo che il BMI è normale tra 20 e 25 e si calcola dividendo il peso in chilogrammi per il quadrato dell’altezza espresso in metri) che avevano deciso di sottoporsi alla liposuzione. È sottinteso che erano afflitti da quelle localizzazioni del grasso intorno ai fianchi e alle cosce tanto graditi invece al Botticelli, e che definiscono quei tratti della femminilità che rendono unico il corpo di ogni donna.
Dopo l’intervento di liposuzione, le circonferenze di quelle regioni del corpo trattate erano diminuite e misurando il grasso totale del corpo era affettivamente diminuito rispetto a prima dell’intervento. Per forza, il chirurgo aveva aspirato un po’ di grasso. Tra sei settimane ed un anno dall’intervento di liposuzione ecco la sorpresa: il grasso si riforma nella regione addominale. Poco importa direte voi, l’importante è averlo tolto dalle cosce. Chi sa se il cuore la pensa allo stesso modo, visto che il grasso addominale aumenta il rischio delle malattie metaboliche. Dimenticavo di dirvi che queste donne hanno continuato lo stesso stile di vita e di alimentazione che avevano prima dell’intervento, e quindi non sono ingrassate perché hanno mangiato di più: è stato l’organismo che avendo visto ridursi la propria riserva di energia, la ha ricreata in un altro posto. Ma le sorprese non sono finite. Dopo un anno, piano piano anche lì sulle cosce e sui fianchi si è riformato.
Il nostro organismo memorizza la quantità di grasso che ha, che per lui è una riserva energetica. Quando questa massa di grasso diminuisce, per effetto di un dimagrimento o come in questo caso per effetto dell’opera di un chirurgo, si attivano una serie di stimoli e di segnali neuro-ormonali che promuovono un ritorno del grasso al livello originale. Questo lo si sapeva quando la perdita del grasso era per effetto di un dimagrimento dopo una dieta ipocalorica: la perdita di peso crea un contesto per il riacquisto del peso attraverso un aumento dell’appetito, dell’assunzione di cibo e un cambiamento della sensibilità insulinica. Lo studio dei ricercatori del Colorado dimostra che, attraverso meccanismi fisiologici non definiti, l’organismo sembra aver ripristinato lo squilibrio indotto chirurgicamente tra il grasso totale del nostro corpo e la massa magra.
Spero che la signora che ha detto quella frase sulla spiaggia che ha stimolato la mia curiosità, non abbia fatto come me: per lei può essere consolatorio pensare al chirurgo."
Per chi vuole approfondire: Teri L. Lindstrom, John M. Kittelson, Christopher K. Law, Lawrence L. Ketch, Nicole R. Stob, Rachel C. Lindstrom, Ann Scherzinger, Elizabeth R. Stamm and Robert H. Eckel – Fat Redistribution Following Suction Lipectomy: Defense of Body Fat and Patterns of Restoration – Obesity (2011) 19, 1388-1395. Doi: 10. 1038/oby.2011.64
Agostino Grassi è nutrizionista, cultore ed esperto delle abitudini alimentari dei paesi del mediterraneo. Ha studiato a Napoli e poi a Bari dove era nell'unità operativa di ricerca e studio sulle dislipidemia e nella ricerca in geriatria sullo studio dei centenari. Vive ad Ostuni e svolge attività di ricerca al Policlinico di Abano Terme (col quale collabora) sopratutto sulla termogenesi e nell'attività di prevenzione cardiometabolica, nutrigenomica ed Aging