Esiste
una raffigurazione, del Mesolitico, di due uomini intenti a
raccogliere il miele da un favo. Dunque mangiamo miele dalla
preistoria.
Per
produrre un chilo di miele, un'ape raccoglie nettare da circa 2
milioni di fiori percorrendo 55 mila miglia. Cosa c'è nel miele?
Ovviamente zuccheri: fruttosio e glucosio ed anche alcune piccole
quantità di 22 altri zuccheri complessi. Il miele contiene anche
un'ampia gamma di vitamine (la vitamina B6, tiamina, niacina,
riboflavina e acido pantotenico) e minerali essenziali (calcio,
rame, magnesio, ferro, manganese, fosforo, potassio, sodio e zinco) e
differenti aminoacidi (per un totale di 18% di acqua, 80,3% di
zuccheri semplici, 0,6% di amminoacidi, fonte INRAN).
Si
crede invece che la differenza, tra i vari tipi di miele, la facciano
i composti fenolici ai quali sono attribuite le proprietà curative
del miele: acido caffeico, crisina, pinocembrina, apigenina,
galangina, acacetina, acido p-cumarico, eugenolo.
Il
miele ha proprietà antiossidanti.
Da
ciò l'interesse per il suo impiego nella terapia del diabete
mellito, anche di tipo I.
Ma
come mai il miele, ricco di zuccheri, interverrebbe in una patologia
che porta ad iperglicemia?
Andiamo
per ordine. Il diabete mellito, quello di tipo II, la cui frequenza
nella popolazione continua ad aumentare senza sosta, non è
riconducibile ad una singola causa, ma al sommarsi di fattori
genetici, sociali e ambientali. La cura oggi comprende dieta,
attività fisica e farmaci ipoglicemizzanti (come la metformina e la
glibenclamide). Nonostante ciò, è difficile correggere
l'iperglicemia e questa provoca danni sistemici (anche a carico delle
cellule del pancreas che producono l'insulina) che sono il frutto di
un maggiore e continuo processo di infiammazione che genera la
formazione di radicali liberi (il cosiddetto stress ossidativo).
Molte ricerche evidenziano la correlazione tra diabete e radicali
liberi.
Ed
ecco che il nostro miele, con le sue proprietà antiossidanti, può
intervenire nella terapia del diabete.
Alcune
ricerche, sebbene limitate (per numeri e per durata), indicano,
sorprendentemente -vista la quantità di zuccheri semplici presenti
nel miele- che l'integrazione del miele nella dieta, insieme ai
farmaci ipoglicemizzanti, ha un effetto ipoglicemizzante
dose-dipendente. Cioè l'iperglicemia si abbassa quanto più miele si
ingerisce.
Inoltre
l'integrazione di miele riduce i valori di diversi markers altrimenti
alti nel diabete curato solo con i farmaci: transaminasi epatiche,
trigliceridi, emoglobina glicosilata, creatinina, bilirubina, VLDL
(riduzione), HDL (aumento).
Per
lo stesso motivo -cioè le capacità antiossidanti- sono stati
condotti studi anche sulla combinazione di metformina e vitamina C,
che pure hanno dato ottimi risultati...
Passiamo
ad altre proprietà del miele, anche queste, purtroppo, ancora non
sufficientemente poste al vaglio.
Il
miele ha proprietà antiproliferative e apoptotiche.
La
letteratura indica che il miele induce apoptosi in vari tipi di
cellule tumorali.
Recentemente
uno studio, condotto in Iran su 62 soggetti, ha rilevato una
relazione positiva tra il consumo di miele e l'apoptosi nel cancro
gastrico.
Sempre
in Iran è stato condotto un altro studio, che ha utilizzato,
stavolta, il miele per alleviare i sintomi della mucosite orale, una
complicazione che affligge circa il 40% dei pazienti in
chemioterapia.
Si
è trattato di uno studio in doppio cieco che ha coinvolto 75
partecipanti. Per tutti è stata preparata una soluzione simile ad
uno sciroppo, avente lo stesso colore, odore e sapore. Ad ogni gruppo
è stata consegnata la stessa quantità di soluzione. Ciascun gruppo
doveva, per una settimana, assumere 10 ml di soluzione ogni 3 ore.
La
soluzione assunta dal primo gruppo conteneva 8 mg
di Betametasone.
La
soluzione assunta dal secondo gruppo conteneva 300 g di miele e 20 g
di caffè istantaneo.
La
soluzione assunta dal terzo gruppo conteneva solo 300 g di miele.
La gravità
delle lesioni è stata valutata clinicamente prima e dopo il trattamento.
Risultato: tutti
e tre i trattamenti riducono la gravità della mucosite, ma con
differente capacità. La migliore riduzione delle lesioni è stata
ottenuta dal gruppo che ha assunto la soluzione con miele e caffè.
Il secondo classificato è stato il miele. Il terzo posto è stato
assegnato al betametasone. Bisogna dire che la quantità di
betametasone assunta (8 mg/settimana) era ben poca. Però non è da
buttar via che miele e caffè, sebbene in quantità superiori,
abbiano funzionato meglio...
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